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Sicuramente qualche vostro amico vi avrà parlato di una serie, una di quelle serie che secondo lui non potete non averla vista. Colui che ama il fantasy vi avrà detto Game of Thrones, chi ama la tematica zombie vi avrà sicuramente consigliato The Walking Dead. Chi ama la psicologia è rimasto ammaliato da Breaking Bad. I malati di serie tv vi avranno detto tutti e 3. Poi c’è una categoria nuova, coloro che vedono tutti gli episodi in meno di 4 giorni. Coloro che benedicono Netflix della creazione del fenomeno binge watching.

Binge watching è un termine inglese con cui si indica l’atto del binge-watch, ossia il guardare programmi televisivi per un periodo di tempo superiore al consueto, particolarmente l’usufruire della visione di diversi episodi consecutivamente, senza soste. In lingua italiana letteralmente traducibile con “maratona televisiva”, in inglese per tale azione sono anche usati i termini binge viewing e marathon viewing.
– Grazie Wikipedia –

House-of-Cards2Binge_watchingQuesto fenomeno ha visto il suo affermarsi nelle televisioni americane, che ormai sono chiamati Smart Tv, e successivamente anche in Italia grazie ad una singola serie: House of Cards; prodotta e trasmessa su Netflix. In Italia arriva per volere di Sky che acquisisce i diritti territoriali ed ancora ne detiene nonostante l’arrivo della più importante piattaforma di streaming nel Belpaese. Quando Netflix cedette a Sky i diritti non era minimamente pensabile che il servizio potesse arrivare in Italia, causa principale dovuta alle pessime condizioni delle infrastrutture del nostro paese nel campo della digitalizzazione e della vera e propria velocità di connessione (troppo scarsa per un servizio adeguato). Fortunatamente la diffusione della fibra ottica e l’aumento delle connessioni ADSL a 20 mega ha permesso alla società statunitense di arrivare anche nel nostro paese, dato che il problema di un eventuale eccessivo buffering è stato risolto.

Ma stavamo parlando di altro, stavamo parlando di come House of Cards ha potuto cambiare la cultura dei fruitori seriali. C’è da dire che due dei principali motivi che incollano lo spettatore così tanto da essere assuefatti sono:
1 – La storia. House of Cards parla di un politico, Frank Underwood eletto per l’undicesima volta consecutiva deputato al Congresso nel V Distretto della Carolina del Sud. La curiosità di poter sbirciare dentro il Congresso degli Stati Uniti d’America o dentro la Casa Bianca penso sia uno dei grandi motori di questa serie tv.
2 – Kevin Spacey. E forse non c’è neanche bisogno di dirvi perché.

Frank Underwood ci mostra tutto quello che potere, media, manipolazione e sagacia possano creare dei veri professionisti della politica. Poi sta a noi credere o pensare che alcune di queste “piccole” cose possano avverarsi veramente nella politica statunitense (qualcuno ha detto Donald Trump?) o addirittura italiana.
E proprio per questo io sono il vostro amico che vi sta consigliando una serie.

Esiste una regola sola. O cacci oppure viene cacciato.

House-of-Cards3La personalità di Frank rapisce chi vede House of Cards, con il personaggio che spesso rompe la parete della quarta dimensione per commentare con lo spettatore stesso quello che è appena successo, o meglio ancora, quello che sta per accadere. Per poi finire tutto secondo i suoi piani. Come sempre. Nonostante tutto. Nonostante mosse immorali o colpi di scena che mai ci saremmo aspettati.

House of Cards è una sinfonia dove tutti coloro che danzano lo fanno con un armonia complessa, ma perfetta.

Frank Underwood (Kevin Spacey) non è il solo che merita di essere menzionato, visto che, ovviamente, una sinfonia non può vedere un solo protagonista. Grande spazio quindi alla moglie di Frank, Clare Underwood.

Clare (Robin Wright), ricca figlia del Texas, fredda e calcolatrice. Perfetta per Frank, determinata e che fa poche domande. Tutti i politici vorrebbero una moglie così. Un matrimonio fondato sull’opportunismo.

Opportunismo che vediamo realizzarsi nel pieno della quarta stagione appena uscita in USA e che in Italia arriverà sul canale Sky Atlantic questa settimana.

—- Se non hai mai visto House of Cards ma vorresti cominciare fermati. Da ora in poi SPOILER sulla 4° stagione —

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La quarta stagione è decisamente quella della rivoluzione del personaggio interpretato da Robin Wright, che tra l’altro ha anche curato la regia di 4 episodi. La crisi coniugale con Frank che sfocia nell’abbandono della Casa Bianca alla fine della terza stagione è il simbolo della quarta. Clare fa armi e bagagli per tornare in Texas da sua madre, che scoprirà solo in un secondo momento della sua malattia.

Malattia che viene anche strumentalizzata, sia da Frank per giustificare l’assenza della propria consorte duranti i comizi delle agguerrite primarie con la Dunbar, sia da Clare quando ha bisogno di allontanarsi da Washington, sia dalla madre stessa, quando capisce che finalmente il sogno di lanciare la carriera di Clare è ad un passo. Decidendo per l’eutanasia proprio durante il congresso dei Democratici quando Clare è candidata come Vice Presidente.

Il tutto ci lascia basiti. Questa stagione rappresenta il riscatto di Clare dopo 30 anni vissuti per accompagnare Frank.

House-of-Cards5Underwood che oggettivamente non se l’è passata troppo bene. Viene sparato e quasi ucciso, si salva solo grazie ad un trapianto di fegato. Anche se non sarebbe toccato a lui, ma il suo più grande consigliere nonché capo staff della Casa Bianca, Doug Stamper (interpretato da Michael Kelly), riesce a modificare la lista dei trapianti salvando il Presidente. Ma questa azione genera dei rimorsi, dato che ha deliberatamente deciso di uccidere un padre in fin di vita.

Vecchi problemi tornano ed essere protagonisti, ci fanno intuire che a tutte le azioni corrispondono delle reazioni. Anche se ci vogliono anni, prima o poi, le cose possono ritornare. Come Peter Russo e Zoe Barnes. Personaggi che pesavo di non rivedere più tornano protagonisti (Raymond Tusk che risolve un grave crisi con la Russia, grazie alle fila tirate da Clare). Anche Freddy sembra aver girato le spalle al presidente.

Ma quello che sicuramente fa più rabbrividire è l’ultima scena. Tutto quello che succede riguardo ICO, che non è altro che la trasposizione di ciò che nella vita reale chiamiamo ISIS. Dove anche un attentato terroristico può essere strumentalizzato. Niente e nessuno fermerà gli Underwood. Anzi se ne approfittano.

Esatto. Noi non subiamo il terrore. Noi creiamo il terrore.

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Francesco Tarantino

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