statistiche gratuite
Tag

nerd attack Archivi - Pagina 4 di 6 - Nerd Attack

Nerd Attack ospite al Palermo Comic Convention!

By Eventi No Comments

Il Palermo Comic Convention ritorna da venerdì 2 a Domenica 4 Settembre 2016 alla Fiera del Mediterraneo; un grande festival dedicato al mondo del fumetto e della graphic novel. Un grande evento che porterà in Sicilia il meglio dell’editoria di settore, star del fumetto internazionale e ancora mostre, workshop, masterclass, anteprime e conferenze.

banner nerd attack palermo comic convention (2)Siamo felice di comunicarvi che Nerd Attack sarà ospite della manifestazione palermitana, fornendo tutta la copertura mediatica dell’evento. Inoltre saremo impegnati nella realizzazione di uno spettacolo live intitolato “The Walking Nerd Live: istruzioni per l’uso in caso di apocalisse zombie”. Lo spettacolo sarà venerdì 2 Settembre e alle 19.30 in area palco. E’ previsto anche un incontro con tutti i fans e gli amici Sabato 3 Settembre alle 19.30 nella Sala2, padiglione 20.

I partner della nostra avventura palermitana sono Nerd Herd e TAG.

tubezoneOltre a Nerd Attack, tantissimi ospiti come la bravissima e bellissima Lucy Lawless (Xena, Battlestar Galactica, Spartacus), David Lloyd (co-autore di V for Vendetta), Giorgio Vanni, Maurizio Merluzzo, Lele Vanilla (maestro del fumetto d’autore e storico collaboratore di Hugo Pratt), Jordi Bennet, Stefano Bersola e tanti altri. Qui tutto il programma completo.

Il Palermo Comic Convention è un festival poliedrico che darà grande rilievo al mondo del cinema e a quello del games, con un occhio di riguardo al movimento cosplay grazie alla gestione di un’area interamente dedicata all’intrattenimento live da parte di Cospladya, la prima grande kermesse del sud Italia dedicata al mondo del costuming.

Una tre giorni all’insegna della cultura, del divertimento e dell’intrattenimento. Un festival vero e vivace con un programma ricco di ospiti, incontri e di idee innovative.

Vi aspettiamo a Palermo dal 2 al 4 Settembre.

manifesto palermo comic convention

Nerd Attack va a Etna Comics 2016!

By Eventi No Comments

Nerd Attack torna ad Etna Comics, Festival Internazionale del Fumetto e della Cultura Pop, una delle manifestazioni più importanti del sud Italia che si svolgerà a Catania presso il Centro Fieristico Le Ciminiere dal 2 al 5 Giugno.

Grandi soprese quest’anno dove anche noi di Nerd Attack saremo protagonisti.

La manifestazione vedrà tra gli ospiti i fumettisti Zerocalcare, Ivo Milazzo, Grzegorz Rosinski, Yumiko Igarashi, Simon Bisley, Silver, Alfredo Castelli, Jimmy Palmiotti e Esad Ribic.

Tra i più attesi sicuramente il concerto di Cristina D’Avena, vera icona che riesce a trasportare tutti i propri ascoltatori indietro nel tempo e regala sempre grandi emozioni.

Sarà presente Massimo Lopez, attore, doppiatore, comico, imitatore e conduttore televisivo italiano. Ha fatto parte del celebre Trio con Tullio Solenghi e Anna Marchesini, con il quale ha lavorato dal 1982 al 1994, proseguendo successivamente la sua carriera artistica da solo. Da qualche anno è la voce ufficiale di Homer Simpsons in Italia.

Tantissimi altri ospiti verranno annunciati nelle prossime ore.

Come anticipavamo prima, Nerd Attack avrà un ruolo attivo all’interno della manifestazione: il 2 giugno nella sala conferenze Polifemo alle 17:30 Nerd Attack sarà presente con WALKING NERD LIVE: istruzioni per l’uso in caso di apocalisse zombie!

Inoltre durante tutta la durata della fiera, ci troverete anche nell’area Games a condurre per Etna Comics TV, lo show “GAME TUBE” dove intervisteremo autori e tanti altri ospiti. Potrete seguire lo streaming sul canale ufficiale di Etna Comics!

Vi consigliamo di rimanere sempre aggiornati tramite il nostro sito www.nerdattack.it per conoscere meglio i progetti del nostro gruppo all’interno di Etna Comics, dove l’anno scorso ha registrato il record di 61 mila presenze.

160516_-_Nerd_Attack_va_a_Etnacomics2016etnacomics_2016 (1)

X Men Apocalypse: la nostra recensione

By Film, NerdPensiero

Che anno meraviglioso per essere un cinefilo ed un Nerd, nel giro di poco più di due mesi sono usciti ben tre film basati su personaggi nati sulle pagine dei fumetti. Ma non è tutto oro quello che luccica. Ecco la nostra recensione di “X Men Apocalypse”.

L’ultimo capitolo della saga degli X Men è un film difficile da apprezzare, ma anche incredibilmente facile. L’episodio precedente, “X-Men: Giorni di un Futuro Passato”, a parte essere una più che decente trasposizione di uno delle storie più iconografiche dei fumetti dedicati alla razza mutante, è stato anche una fresca, piacevole e coerente avventura che ha continuato il franchising prodotto dalla Fox. La stessa cosa non può essere di Apocalypse, sebbene entrambi i film sono diretti da Bryan Singer e sceneggiati da Simon Kinberg, Apocalypse lascia in bocca un sapore strano. Il ruolo principale e più e di rilievo è affidato proprio ad “Apocalisse”, interpretato da Oscar Isaac ( con viso e corpo completamente coperto protesi), un arci-nemesi faraonica, altrimenti noto come En Sabah Nur, il primo mutante della storia. Quando Apocalisse ricompare dopo più di cinque millenni dopo il suo seppellimento accidentale nella valle del Nilo, decide di riprendere la sua missione di…. incredibile ma vero, conquistare il mondo, umano in questo caso.

X Men Apocalypse 2

Il franchise di “X-Men” ha avuto i suoi alti e bassi, indubbio è il fatto che con la nuova storyline, iniziata con Prima Classe la Fox ha intrapreso un cambio di rotta, che fino a questo momento sembrava la scelta più azzeccata. Purtroppo X Men Apocalypse perde quell’equilibrio delicato tra storia, effetti speciali e giovani leve di attori. Questo nuovo capitolo della saga crea, o meglio allarga il profondo divario tra gli intenditori dei fumetti e gli spettatori cinematografici che cercano qualcosa di più in una saga di supereroi che l’incessante parlare della potenza dei singoli personaggi. Ma il film ha delle lacune di storia che non possono essere ignorate. Come la presenza di personaggi che da soli potrebbero risolvere il problema ma vengono “tenuti a freno” fino all’ultimo momento possibile o ancora la riscrizione completa di altri personaggi, amati dal grande pubblico e mal utilizzati nella pellicola (ad esempio Angelo/Arcangelo) Come in precedenti episodi, una delle principali preoccupazioni è la persecuzione di mutanti — i mutanti buoni, come il team degli X-Men, che utilizzano i loro superpoteri per il bene dell’umanità.

X Men Apocalypse 3Ma Apocalisse, vuole purificare il nostro povero pianeta sfruttando il potere mutante per i propri fini malvagi. Egli vede i mutanti e soprattutto il telepatico Professor Charles Xavier (James McAvoy), come il mezzo per un fine che è stato sognato fino ad allora solo da Google o Steve Jobs— controllare ogni mente nel mondo. Quando Apocalisse penetra Cerebro, sistema di rilevazione mutante del professor X, Charles dice, con una miscela di orrore e di esaltazione, “Non ho mai sentito un potere come questo prima!”. Michael Fassbender riprende i panni di Magneto, il disilluso mutante sopravvissuto all’Olocausto, altrimenti conosciuto come Erik Lehnsherr. Anche Jennifer Lawrence torna a indossare i panni, e non il make up, di Mystica, con una interpretazione che non è proprio quello che ci si aspetta da un premio oscar come lei. Ma allora perché questo film piace, pur avendo tutti gli elementi per essere un film a malapena mediocre? Probabilmente perché è uscito un mese e mezzo dopo il disastroso Batman vs Superman e tre settimane dopo l’appena decente Captain America Civil War, due film che hanno promesso molto ma alla fine non hanno saputo mantenere le proprie promesse. Se X Men Apocalypse fosse uscito nei cinema a molta distanza dagli altri due probabilmente sarebbe stato molto più deludente di quanto è stato.

Per i nerd è 3 ½ occhialini su 5

occhiali nerd 3.5 su 5

Batman vs Superman: Dawn of Justice – La nostra recensione

By Film, NerdPensiero

Salve amici Nerd, ecco la recensione del film Dc che tanto abbiamo atteso Batman vs Superman Dawn of Justice.

La Dc Comics non è certo nota per essere salita a bordo il treno dei film sui supereroi al momento giusto, ma con questo titolo tutti speravano nel miracolo, che a parer nostro non è arrivato. Il film per la regia di Zack Snyder è partito in quarta per restare fermo appena fuori dalla linea di partenza. Ma procediamo per tappe. Batman vs Superman è in realtà un sequel de L’Uomo d’Acciaio, alla fine di quel film, Superman salva Metropolis, e il mondo intero, dalla piccola milizia di kriptoniani superstiti capitanati dal cattivissimo Generale Zod, nello scontro parte della città viene distrutta e centinaia o migliaia di persone perdono la vita. Questa è la premessa principale che spinge Batman a prepararsi, e cercare, lo scontro con questo alieno, venerato quasi come un dio in terra, prima che si possa “annoiare dell’umanità”. Fino a qui tutto fila liscio, ma da questo punto in poi la storia si complica.

Non voglio rovinare il film per chi non l’ha ancora visto, ma personalmente non mi ha colpito. Elementi positivi ce ne sono e meritano di essere presi in considerazione: Ben Affleck è superbo nell’interpretazione di Bruce Wayne, ma il copione non rende giustizia ad un personaggio che viene considerato il più grande detective vivente. Superman (Henry Cavill), d’altro canto si comporta come un alieno sulla terra che cerca di integrarsi, il che avrebbe senso, se non fosse cresciuto fin da bambino nelle campagne del Kansas. Wonder Woman (Gal Gadot) è il personaggio che tutto sommato risulta più credibile e coerente in relazione con il materiale di base. Lex Luthor (Jesse Heisenberg) è decisamente una mente brillante, che ricorda sotto molti punti di vista Joker piuttosto che la nemesi di Superman. Ma la struttura narrativa e le scelte del film in generale lasciano perplessi, come ad esempio la scena onirica di Batman e la visione di Flash del furto che fanno storcere il naso.

Il problema del film è che cerca di condensare un intero universo, quello della Dc Comics dentro un unico film, mentre la Marvel ha avuto ben 12 film a disposizione con cui costruire e esplorare il loro universo. Chi non ha letto I fumetti e va a vedere Batman vs Superman Dawn of Justice si trova davanti un film graficamente perfetto, ma a livello di storia trova un prodotto contorto, con un chiaro senso di “mancanza”, cioè di qualche elemento mancante per poterlo capire appieno. Chi invece è fan dei fumetti e conosce già I personaggi, si ritrova davanti una cacofonia di elementi che se a primo impatto possono sembrare eccezionali, a guardare meglio cozzano l’un l’altro, creando un film poco gradevole e molto confusionario.

Per i nerd è 2 occhialini e mezzo.

occhiali nerd 2.5 su 5

Hai mai visto House of Cards?

By NerdPensiero, Serie TV No Comments

Sicuramente qualche vostro amico vi avrà parlato di una serie, una di quelle serie che secondo lui non potete non averla vista. Colui che ama il fantasy vi avrà detto Game of Thrones, chi ama la tematica zombie vi avrà sicuramente consigliato The Walking Dead. Chi ama la psicologia è rimasto ammaliato da Breaking Bad. I malati di serie tv vi avranno detto tutti e 3. Poi c’è una categoria nuova, coloro che vedono tutti gli episodi in meno di 4 giorni. Coloro che benedicono Netflix della creazione del fenomeno binge watching.

Binge watching è un termine inglese con cui si indica l’atto del binge-watch, ossia il guardare programmi televisivi per un periodo di tempo superiore al consueto, particolarmente l’usufruire della visione di diversi episodi consecutivamente, senza soste. In lingua italiana letteralmente traducibile con “maratona televisiva”, in inglese per tale azione sono anche usati i termini binge viewing e marathon viewing.
– Grazie Wikipedia –

House-of-Cards2Binge_watchingQuesto fenomeno ha visto il suo affermarsi nelle televisioni americane, che ormai sono chiamati Smart Tv, e successivamente anche in Italia grazie ad una singola serie: House of Cards; prodotta e trasmessa su Netflix. In Italia arriva per volere di Sky che acquisisce i diritti territoriali ed ancora ne detiene nonostante l’arrivo della più importante piattaforma di streaming nel Belpaese. Quando Netflix cedette a Sky i diritti non era minimamente pensabile che il servizio potesse arrivare in Italia, causa principale dovuta alle pessime condizioni delle infrastrutture del nostro paese nel campo della digitalizzazione e della vera e propria velocità di connessione (troppo scarsa per un servizio adeguato). Fortunatamente la diffusione della fibra ottica e l’aumento delle connessioni ADSL a 20 mega ha permesso alla società statunitense di arrivare anche nel nostro paese, dato che il problema di un eventuale eccessivo buffering è stato risolto.

Ma stavamo parlando di altro, stavamo parlando di come House of Cards ha potuto cambiare la cultura dei fruitori seriali. C’è da dire che due dei principali motivi che incollano lo spettatore così tanto da essere assuefatti sono:
1 – La storia. House of Cards parla di un politico, Frank Underwood eletto per l’undicesima volta consecutiva deputato al Congresso nel V Distretto della Carolina del Sud. La curiosità di poter sbirciare dentro il Congresso degli Stati Uniti d’America o dentro la Casa Bianca penso sia uno dei grandi motori di questa serie tv.
2 – Kevin Spacey. E forse non c’è neanche bisogno di dirvi perché.

Frank Underwood ci mostra tutto quello che potere, media, manipolazione e sagacia possano creare dei veri professionisti della politica. Poi sta a noi credere o pensare che alcune di queste “piccole” cose possano avverarsi veramente nella politica statunitense (qualcuno ha detto Donald Trump?) o addirittura italiana.
E proprio per questo io sono il vostro amico che vi sta consigliando una serie.

Esiste una regola sola. O cacci oppure viene cacciato.

House-of-Cards3La personalità di Frank rapisce chi vede House of Cards, con il personaggio che spesso rompe la parete della quarta dimensione per commentare con lo spettatore stesso quello che è appena successo, o meglio ancora, quello che sta per accadere. Per poi finire tutto secondo i suoi piani. Come sempre. Nonostante tutto. Nonostante mosse immorali o colpi di scena che mai ci saremmo aspettati.

House of Cards è una sinfonia dove tutti coloro che danzano lo fanno con un armonia complessa, ma perfetta.

Frank Underwood (Kevin Spacey) non è il solo che merita di essere menzionato, visto che, ovviamente, una sinfonia non può vedere un solo protagonista. Grande spazio quindi alla moglie di Frank, Clare Underwood.

Clare (Robin Wright), ricca figlia del Texas, fredda e calcolatrice. Perfetta per Frank, determinata e che fa poche domande. Tutti i politici vorrebbero una moglie così. Un matrimonio fondato sull’opportunismo.

Opportunismo che vediamo realizzarsi nel pieno della quarta stagione appena uscita in USA e che in Italia arriverà sul canale Sky Atlantic questa settimana.

—- Se non hai mai visto House of Cards ma vorresti cominciare fermati. Da ora in poi SPOILER sulla 4° stagione —

_DG24171.NEF

La quarta stagione è decisamente quella della rivoluzione del personaggio interpretato da Robin Wright, che tra l’altro ha anche curato la regia di 4 episodi. La crisi coniugale con Frank che sfocia nell’abbandono della Casa Bianca alla fine della terza stagione è il simbolo della quarta. Clare fa armi e bagagli per tornare in Texas da sua madre, che scoprirà solo in un secondo momento della sua malattia.

Malattia che viene anche strumentalizzata, sia da Frank per giustificare l’assenza della propria consorte duranti i comizi delle agguerrite primarie con la Dunbar, sia da Clare quando ha bisogno di allontanarsi da Washington, sia dalla madre stessa, quando capisce che finalmente il sogno di lanciare la carriera di Clare è ad un passo. Decidendo per l’eutanasia proprio durante il congresso dei Democratici quando Clare è candidata come Vice Presidente.

Il tutto ci lascia basiti. Questa stagione rappresenta il riscatto di Clare dopo 30 anni vissuti per accompagnare Frank.

House-of-Cards5Underwood che oggettivamente non se l’è passata troppo bene. Viene sparato e quasi ucciso, si salva solo grazie ad un trapianto di fegato. Anche se non sarebbe toccato a lui, ma il suo più grande consigliere nonché capo staff della Casa Bianca, Doug Stamper (interpretato da Michael Kelly), riesce a modificare la lista dei trapianti salvando il Presidente. Ma questa azione genera dei rimorsi, dato che ha deliberatamente deciso di uccidere un padre in fin di vita.

Vecchi problemi tornano ed essere protagonisti, ci fanno intuire che a tutte le azioni corrispondono delle reazioni. Anche se ci vogliono anni, prima o poi, le cose possono ritornare. Come Peter Russo e Zoe Barnes. Personaggi che pesavo di non rivedere più tornano protagonisti (Raymond Tusk che risolve un grave crisi con la Russia, grazie alle fila tirate da Clare). Anche Freddy sembra aver girato le spalle al presidente.

Ma quello che sicuramente fa più rabbrividire è l’ultima scena. Tutto quello che succede riguardo ICO, che non è altro che la trasposizione di ciò che nella vita reale chiamiamo ISIS. Dove anche un attentato terroristico può essere strumentalizzato. Niente e nessuno fermerà gli Underwood. Anzi se ne approfittano.

Esatto. Noi non subiamo il terrore. Noi creiamo il terrore.

House-of-Cards6

Oscar 2016: ecco cosa è successo

By Film

È andato tutto come doveva andare. Gli Oscar 2016 non hanno sorpreso molto, tranne probabilmente nella categoria miglior film con exploit de “Il caso Spotlight” che si porta a casa anche la statuetta come Miglior Sceneggiatura Originale. Un cast di primo ordine come Mark Ruffalo, Michael Keaton, Rachel McAdams e Liev Schreiber diretti da Tom McCarthy.

Il caso Spotlight narra le vicende reali venute a galla dopo l’indagine del quotidiano The Boston Globe sull’arcivescovo Bernard Francis Law, accusato di aver coperto alcuni casi di pedofilia avvenuti in diverse parrocchie. L’indagine valse il Premio Pulitzer di pubblico servizio al quotidiano nel 2003 e aprì a numerose indagini sui casi di pedofilia all’interno della Chiesa cattolica.

Per quanto riguarda gli attori tutto si è svolto secondo i piani: Leonardo DiCaprio ha finalmente vinto l’Oscar come miglior attore protagonista per la sua interpretazione per The Reverant – Redivivo dopo averlo rincorso per troppo tempo: giusto che sia così anche se il rischio di perderlo per l’ennesima molta è stato molto alto (citofonare Eddie Redmayne che con il suo The Danish Girl ha insinuato il dubbio in molti).


Il film che ha portato più statuette a casa è stato Mad Max: Fury Road (6 su 10 nomination) che ha fatto man bassa di tutti quei premi spesso definiti tecnici (montaggio, scenografia, costumi, trucco e acconciature, sonoro e montaggio sonoro).

The Reverant, oltre a quello di DiCaprio, porta a casa l’Oscar per miglior fotografia e miglior regia conAlejandro Iñárritu che fa doppietta, dopo aver vinto anche l’anno scorso con Birdman.

Brie Larson ha convinto tutti con il sua interpretazione in The Room, come anche Alicia Vikander in The Danish Girl. Sorpresa, ma neanche tanto grande, per l’Oscar a Mark Rylance per Il ponte delle spie per la categoria miglior attore non protagonista che vedeva candidati anche Christian Bale (La grande scommessa), Tom Hardy (Revenant), Mark Ruffalo (Spotlight) e Sylvester Stallone (Creed).

I premi per le migliori sceneggiature sono andati rispettivamente a Spotlight e La grande scommessa. Molto scontato il premio per Inside Out come miglior film d’animazione come prevedibile quello per migliori effetti speciali al film Ex Machina.

Merita un capitolo a parte l’eccezionale Oscar per il Maestro Ennio Morricone. È da sottolineare che questo è il primo Oscar vinto per una sua opera (era già stato premiato nel 2007 con l’Oscar alla carriera). Corteggiato da tantissimo tempo dal regista Quentin Tarantino, Morricone ha finalmente acconsentito alla realizzazione di una colonna sonora per un film dell’eccentrico Tarantino: The Hateful Eight. Film western ma con sfumatura thriller-giallo, The Hateful Eight porta nei cinema americani la potenza e la creatività del Maestro che viene accolto sul palco del Dolby Theatre di Hollywood da una standing ovation più che meritata. Morricone stabilisce anche un nuovo record per gli Academy: è la persona più anziana ad aver mai vinto un Oscar (87 anni).  Dopo aver ringraziato il proprio collega John Williams (anche lui candidato nella stessa categoria e vero mostro sacro delle colonne sonore che ha firmato capolavori come Star Wars, Indiana Jones, Jurassic Park e Schindler’s List), il Maestro Morricone, visibilmente commosso, ha dedicato la statuetta alla moglie Maria. Per noi Nerd è ovviamente il vincitore della serata, rendendo orgogliosi noi tutti gli italiani.

Rainbow Moon – La nostra recensione

By NerdPensiero, Videogiochi

Prima di tutto, una breve ma doverosa anticipazione rivolta a tutti coloro i quali non conoscono il gioco in questione. Rainbow Moon è un titolo sviluppato da SideQuest Studios pubblicato originariamente nel 2012 su PlayStation 3 e, l’anno dopo, su PlayStation Vita. Il gioco, dopo aver ottenuto una serie di valutazioni positive, sbarca quest’anno anche su PlayStation 4 per tenere caldo il pubblico, in attesa dell’uscita del successore, Rainbow Skies, di cui ancora non si ha una data di pubblicazione certa. La versione presentata su PS4 non è però un remake/remastered o qualcosa di simile. Il gioco è un porting puro e semplice, senza quasi alcun miglioramento od aggiornamento a parte una leggera ripulitura grafica generale.


Grazie ai sub turn è possibile anche sconfiggere un esercito del genere.

Il titolo appare da subito diretto ed immediato. Una volta premuto su New Game parte immediatamente il video introduttivo che mostra il nostro eroe, ed alter ego videoludico, scaraventato all’interno di un portale dal suo acerrimo nemico. Tale portale ci fa finire all’interno di un mondo chiamato, appunto, Rainbow Moon ed il nostro obiettivo è quello di tornare indietro per chiuderlo. Questa è tutta la povera base del gioco, che in generale non brilla per originalità della trama. Le quest sono più che altro incentrate sulla risoluzione dei problemi dei cittadini che incontriamo lungo la nostra strada, problemi che una volta risolti ci permettono di andare avanti nella storia, e suddivise in Main e Side quest.


Il mondo di Rainbow Moon è presentato con una graziosissima grafica isometrica.

Appena iniziata la partita dobbiamo scegliere subito il livello di difficoltà, direttamente proporzionale praticamente soltanto al numero di ore che dobbiamo dedicare al grinding, e lo stile di gioco, che permette di avere diversi oggetti nel nostro inventario di partenza, differenziabili in equipaggiamento, pozioni curative o il nulla più totale. I nemici sono ben visibili nel mondo di gioco ma nel contempo, camminando, è possibile incappare in scontri casuali che, a differenza di altri titoli del genere, non partono in automatico. È necessario infatti premere X quando compare l’avviso dello scontro nell’angolo dello schermo per accettare il combattimento. Essi sono quelli tipici di uno strategico a turni, con la classica disposizione a scacchiera, attacchi, difesa e abilità che colpiscono entro un determinato range. All’aumentare del livello dei personaggi giocabili, in tutto tre (ed il terzo lo troverete dopo molte, molte ore di gioco) aumentano anche i sub turn ed è possibile eseguire diverse azioni durante il nostro turno.


Il numero di slot nell’inventario è ampliabile e dobbiamo sempre stare attenti alla barra della fame.

In Rainbow Moon è presente un rudimentale sistema di crafting che permette di potenziare le nostre armi ed armature tramite l’utilizzo di oggetti, ottenibili dai nemici o dalle casse sparse per il mondo di gioco. Tale azione non può essere compiuta dal nostro personaggio durante il suo girovagare ma soltanto da NPC dediti al ruolo. Oltre a loro, sono presenti anche commercianti, curatori e NPC da cui possiamo aumentare le nostre statistiche. Infatti, all’incrementare del livello del personaggio si allunga il limite a cui possiamo portare statistiche come forza, velocità, fortuna, difesa ed altre, che possiamo migliorare spendendo delle monete ottenibili sconfiggendo i mostri che ci si parano davanti. Durante le nostre partite, inoltre, dobbiamo stare attenti alla barra della fame, che scenderà inesorabilmente ed ininterrottamente ma facilmente riempibile mangiando o bevendo. Difficilmente vi trovate completamente a zero, le fiasche d’acqua si trovano praticamente ovunque.

Ben presto, però, ci troviamo subito di fronte ad un problema piuttosto grave: la noia. Rainbow Moon, almeno fino alla quarta/quinta ora di gioco, appare vuoto ed estremamente ripetitivo ed andando avanti, il tutto non viene migliorato poi di molto. L’unica cosa che impegnerà totalmente il giocatore è il grinding, l’eterno e soprattutto inevitabile grinding. Ai livelli più avanzati, la strategia è un elemento che viene messo totalmente in secondo piano dalla mole di nemici che siamo costretti a fronteggiare. Il nostro unico scopo, nelle battaglie, è potenziarsi il più possibile, sorpassare le statistiche del nemico per evitare semplicemente di morire e batterlo con relativa facilità. In compenso, le fasi di esplorazione del mondo costituiscono un efficace elemento di distrazione che ci permette di rilassarci tra una battaglia e l’altra ed impegnarci nella ricerca di qualche loot segreto. Rainbow Moon, tutto sommato, appare come uno strategico molto all’acqua di rose adatto a chi, magari, non ha dimestichezza nel genere ma non costituisce un possibile trampolino di lancio verso di esso, inducendo anzi il novizio ad evitarlo.

occhiali nerd 3 su 5

PRO

Possibilità di eseguire il cross save con le altre versioni
Grafica tutto sommato simpatica
Sistema di upgrade dei personaggi soddisfacente

CONTRO

Narrazione quasi assente
Ripetitivo
Fondamentalmente banale

Sistema – PlayStation 4

Genere – Gioco di ruolo strategico

Sviluppatore – SideQuest Studios

Distributore- SideQuest Studios

Lingua – Inglese

Multiplayer – Assente

Data di uscita – 17 febbraio 2016

Deadpool: tra eroi e ilarità surreale

By Film, NerdPensiero

Cari amici nerd, preparate i chimichanga, raffreddate le birre, affilate I coltelli e riscaldate le pistole, Il mercenario con la bocca più volgare dei fumetti approda finalmente al cinema con un film tutto suo. Ryan Reynolds aveva più volte dichiarato, a partire dal 2005, di voler fare un film su Deadpool, personaggio che aveva già interpretato nel disastroso “X Men Origins: Wolverine” ed oggi a 11 anni di distanza Deadpool il film è realtà. Ma Deadpoolnon è il solito Supereroe, anzi.

Deadpool è essenzialmente il primo film hollywoodiano fan made sui supereroi, ma è molto di più. Il film intero è una sbeffeggiatura rivolta a compiacere i fan dei fumetti e nerd vari in generale. I fan del sardonico mercenario, sanno che questo super anti-eroe è consapevole di essere un personaggio di pura fantasia, e la principale domanda sulla bocca di tutti era come poter rendere omaggio ad una figura così particolare di casa Marvel. Ma guardando il film questa preoccupazione non viene perché non c’è nessuna pretesa con Deadpool, nessuna preoccupazione profonda se non quella di divertirsi divertendo. Sia nei fumetti che in questo film, la ragione primaria per esistenza di Deadpool è quella di sottolineare quanto siano assurdi e ridicoli i supereroi. Ma anche se Deadpool cerca di prendere in giro il proprio genere, non significa che questo non sia un film di supereroi, anzi, forse ad oggi è il migliore. La trama del film è più o meno una origin story da supereroe convenzionale.Wade Wilson, ex membro dei corpi speciali, divenuto bullo a pagamento, si sottopone ad una terapia molto speciale per curare il suo cancro, terapia che attiva le sue capacità mutanti latenti, ma che lo lasciano deturpato fisicamente e mentalmente.

Così si veste di una tutina di spandex rossa (che ricorda molto quella di Spider Man e lo fa sembrare anche il peggior ninja del mondo) e va in giro a uccidere chiunque si metta sulla sua strada. E poiché Wade Wilson è così “scollegato” con la sua realtà, ha la tendenza a rompere la quarta parete e parlare con il pubblico, proprio perché, come detto prima, sa di essere un personaggio immaginario. Ryan Reynolds sembra essere nato per interpretare questo ruolo, che arricchisce con commenti dementi e gag ridicole improvvisate sul momento (come dimostrano i vari trailer ed il film finale, in cui le stesse scene vengono proposte ma con battute improvvisate diverse). Il punto del film non è proprio la trama, così come è, ma il carattere. I suoi occhi senza pupille bianche l’ampliamento e il restringimento in risposta all’azione. Il suo costante sbeffeggiare se stesso, il cinema e il genere a cui appartiene. I salti acrobatici. E’ questo che rende Deadpool un film così guardabile e divertente, e che rende godibile la sua intensa ultra-violenza condita con l’immancabile narrazione fuori campo che si interrompe con i dialoghi del protagonista durante l’azione e quasi “disturbando” gli altri personaggi.

Nel frattempo, Deadpool è sorta di un commentario alla cultura dei fan e dei supereroi, e di come sia artificiale tutta la faccenda delle maschere e dei costumi, ma anche il loro codice morale. Deadpool non indossa una maschera per nascondere la sua identità, ma solo per coprire la sua faccia sfregiata. Mentre alcuni dei momenti più divertenti del film includono lo scontro con un paio di membri degli X-Men, il metallico Colosso e la brontolosa Testata Mutante Negasonica.

Ma nel frattempo, il film scava anche nel nostro rapporto con la cultura pop in generale. Ma questo non cambia il fatto che Deadpool è un film super-divertente in cui la violenza estrema si combina con un’ilarità surreale per creare una sorta di meta-follia mai vista prima sul grande schermo.

Per i nerd è 4 occhialini su 5

occhiali nerd 4 su 5

A Trapani arriva l’Otaku Café: inaugurazione Domenica 21 febbraio

By Eventi

L’Otaku Cafè è pronto per la sua inaugurazione a Trapani domenica 21 febbraio! Alle ore 17:30 lo staff partirà con l’offrirvi un rinfresco per poi proseguire ufficialmente con le attività previste dall’Otaku Cafè.

Ma facciamo un passo indietro: cosa è un Otaku Cafè? E’ insieme: caffetteria, ludoteca per adulti, pub e fumetteria.

Cosa puoi fare all’Otaku Cafè? Puoi semplicemente bere e mangiare qualcosa, puoi comprare un fumetto, comprare un gadget nerd, puoi giocare con le postazioni console o con gli infiniti giochi da tavola.

A partire dal giorno di apertura, domenica 21 febbraio ore 17:30, fino a giorno 29 tutto il servizio ludoteca sarà gratuito previa consumazione, consentendoci così la possibilità di testare la qualità e la varietà dei giochi.

L’inaugurazione di domenica 21 febbraio vedrà protagonista anche Nerd Attack con intrattenimento live! Per noi è un vero piacere collaborare con i ragazzi dell’Otaku Cafè e siamo sicurissimi che lo stesso diventerà la casa di tutti i Nerd di Trapani.

Vi aspettiamo domenica 21 febbraio presso l’Otaku Cafè in via dei Mulini 18/20 a Trapani!

otaku

Facebook: arrivano le “reazioni”

By Tecnologia

Facebook è ormai riconosciuto come il maggiore aggregatore sociale virtuale. Molto spesso negli anni, però, gli utenti hanno sempre più lamentato la mancanza di poter esprimere disapprovazione sui post dei propri amici. Come la presenza del “Mi piace”, sempre più forte era la richiesta di un tasto “Non mi piace”. A quanto pare Mark Zuckerberg, padre/padrone della piattaforma blu più famosa al molto, ha deciso di aprire verso questa richiesta quando ha dichiarato: “Non vogliamo portare altra negatività nel mondo”, frase rilasciata durante una sessione di domande e risposte presso le sedi ufficiali di Facebook: “Credo che la gente stia richiedendo il tasto Non mi piace ormai da troppi anni”.

Apertura quindi a questo cambiamento che però non prevedrà un vero tasto “Non mi piace” ma delle emozioni che si andranno ad affiancare al “Mi piace”: Love, Haha, Wow, Sad e Angry. Questa saranno accompagniate da una emoticon che rappresenterà lo stato d’animo rispetto quello che l’utente prova alla lettura di notizie o post dei propri amici. Scartata una sesta opzione, definita Yay, che non è stata ben compresa dai primi tester.

facebook_reazioni

Dopo un periodo di test effettuato lo scorso anno, Facebook ha intenzione di rilasciare la funzionalità a breve, come sempre inizialmente con i profili oltreoceano. Un portavoce della compagnia ha dichiarato a Bloomberg Businessweek che le Reazioni arriveranno “presto, nelle prossime settimane”.

Sulle applicazioni mobile le Reazioni verranno nascoste sotto il tasto “Mi piace” tradizionale: si attiveranno infatti dopo una pressione prolungata su di esso in modo da poter scegliere una specifica fra le cinque sopra menzionate.

Interessante sarà quello che queste Reazioni svilupperanno nelle interazioni tra utenti. Tutto ciò che gli utenti compiono nel social di Zuckerberg è ben studiato per creare dei profitti grazie all’enorme flusso di informazioni che poi vengono vendute ad agenzie pubblicitarie. Quindi, nonostante la scusa della richiesta insistente degli utenti, Facebook potrà avere maggiori opinioni in futuro su ciò che rende felice, triste o arrabbiata la gente. Il tutto porterà ad una semplice richiesta di mercato: quanto costa un emozione su Facebook?

Mark_Zuckerberg