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RETRO RECENSIONE – Chrono Trigger: Se si potesse tornare indietro

By NerdPensiero

Articolo a cura di Mirko Manzella.

Forse sarebbe stato meglio non scrivere nulla sull’argomento. Troppi ricordi e troppi rimorsi sui tempi che cambiano, credetemi.

Il titolo di questo nostalgico editoriale parla da sé e, inesorabilmente, si fa un tuffo nel passato lungo 20 anni.

A quei tempi sui videogiochi ne sapevo poco o nulla – fuorché qualche cartaccia random per Sega Mega Drive e SNES o qualche immagine vista in qualche giornale di settore – e, dopotutto, da un bambino ci si aspettano gusti molto semplici: Dragon Ball ad oltranza, spade, cavalieri e dinosauri.

Sembra tutto calcolato, già!

Un gioco (JRPG, per la precisione) con i disegni identici a quelli dell’anime simbolo della nostra generazione, ma con una trama fiabesca, combattimenti per l’epoca spettacolari ed un personaggio muto, con i capelli rossi con le fattezze del nostro caro Son Goku.

Insomma, è stato amore a prima vista, credetemi Nerd!

Chrono Trigger è stato un titolo pubblicato dall’allora dolcissima e premurosa mamma Square per l’inarrestabile console casalinga Nintendo SNES nel 1995 riscuotendo un successo immenso tra i giocatori di tutto il mondo ed, in particolari, tra gli amanti della serie principale della software house, Final Fantasy, essendo infatti Chrono Trigger un suo “cugino” non troppo lontano.

Parlare di questo titolo non è affatto facile, dovendo misurare attentamente le parole e chinare fin da subito il capo per i nomi quasi sacri che stanno dietro lo del gioco.

Stiamo infatti parlando di un prodotto frutto delle menti del Dream Team, un team di sviluppatori composto dal nostro affezionatissimo Hironobu Sakaguchi (papà di Final Fantasy), Yuji Horii (director della serie Dragon Quest), il mangaka Akira Torijama – non penso debba aggiungere altro, giusto? -, il compositore storico di casa Square Nobuo Uematsu, Yasunori Mitsuda e, dulcis in fundo, lo sceneggiatore Masato Kato che, solo in seguito, diventerà famoso per Xenogears e Xenosaga.

I nomi, per i fan affezionati, fanno tremare la terra ed infatti il risultato è stato più che soddisfacente.

Chrono Trigger narra le vicende del giovane Crono, personaggio taciturno e con una stravagante chioma rossa, e del suo incontro, durante la Fiera del Millennio che si svolge nella sua città (Truce), con Marle, una misteriosa ragazza che si rivelerà la principessa del Regno di Guardia.

Durante la fiera, Crono e Marle verranno accidentalmente catapultati indietro nel tempo in un passato remoto a causa di un’interferenza che ha colpito la macchina del tempo di Lucca, amica d’infanzia di Crono, ed in seguito scopriranno la presenza di un mago del passato che vuole risvegliare un’oscura minaccia intenzionata a distruggere il pianeta.

Potremmo stare ore intere a parlare della trama che sta sotto questo titolo, ma evito di farvi spoiler, cari lettori.

Chrono Trigger, oltre a vantare una trama particolarmente accurata e, per certi versi, molto complessa ed a tratti confusionaria, presenta una caratterizzazione dei personaggi davvero ben fatta; basti pensare che lo stesso Crono, per essendo muto, riesce a trasmettere nei suoi sprite ogni singolo sentimento ed espressione emotiva, passando da movenze buffe e goffe ad un capo chino in una mise che fa trasparire perfettamente uno stato di dolore, inquietudine ed amarezza.

Gli altri personaggi che imbastiscono le vicende sono perfettamente caratterizzati al punto tale da far affezionare il giocatore, entrando in un rapporto intimo con le loro certezze, le loro insicurezze e facendo vivere quasi in prima persona le vicende personali e le remore che tormentano il singolo personaggio, indipendentemente dai fatti che interesseranno l’intero party.

Punto forte del titolo – tanto per rimanere nell’ambito dello sviluppo degli eventi – è proprio la possibilità di modificare gli eventi a seconda delle scelte che il giocatore intraprenderà durante l’avventura.

Infatti, oltre alla possibilità di viaggiare tra varie epoche storiche (dalla preistoria al passato prossimo, dal futuro all’età degli Antichi) e modificare intere porzioni di trama deviando il flusso spazio-temporale degli eventi, potremo scegliere inoltre ed in totale libertà di porre un condotta piuttosto che un’altra, uccidere un npc oppure no così da modificare il finale del titolo (in Chrono Trigger i finali sono ben 13!).

Sarebbe adesso il caso di toccare il punto fondamentale di qualunque titolo – insieme alla trama ovviamente -, vale a dire il gameplay.

Essendo non solo un jrpg ma anche il cugino prossimo di Final Fantasy, sappiamo già a proprio a cosa andiamo incontro. Il personaggio si muoverà in scenari prerenderizzati, variando da villaggi e dungeon alle “mappe del mondo” che muteranno a seconda dell’epoca storica in cui ci troveremo (anche se, a differenza di FF, non si incontreranno mostri durante l’esplorazione di queste ultime).

Piccola – ma, in fondo, grandissima – differenza rispetto a FF sta nell’assenza dei fastidiosissimi incontri casuali. I nemici, infatti, non compariranno magicamente e quando meno se li aspetta, ma saranno ben visibili sulla mappa di gioco, dando la possibilità al giocatore di evitare tranquillamente scontri superflui e andare dritto per la propria strada.

Il sistema di combattimento è, ovviamente, figlio del suo tempo e del suo genere, con combattimenti a turni che presentano però grande dinamicità. I nemici non staranno fermi e statici nella loro posizione, ma si sposteranno all’interno dell’area di combattimento, dando la possibilità al giocatore di sferrare colpi multipli a più bersagli a seconda, appunto, della loro posizione e della loro prossimità ad altri nemici.

Oltre a colpi singoli e magie (che saranno solo successivamente sbloccate dal giocatore) si avrà la possibilità di attaccare con più personaggi nello stesso turno, unendo due tecniche speciali di tipo fisico oppure prettamente magico, sfruttando la potenza fisica di un personaggio con l’aggiunta di effetti addizionali elementali.

La magia però è una piccola seccatura all’interno del titolo.

Se in FF avremmo uno o due personaggi addetti all’uso della stessa, vantando un vasto ventaglio di magie di vario genere (bianche, nere, blu e via dicendo) da utilizzare, in Chrono Trigger ogni personaggio avrà a disposizione poche magie e, inoltre, saranno legate al proprio elemento naturale (es. Crono lancerà solo magie di tipo fulmine, Marle di tipo gelo, Magus di tipo oscuro etc.), costringendo spesso il giocatore a pianificare una strategia ben precisa, facendo variare i personaggi dentro il party. Ma se le magie lasciano un po’ a desiderare, le tecniche speciali invece vi lasceranno pienamente soddisfatti; essendo moltissime e, come detto sopra, varie anche nelle combinazioni con quelle dei vostri alleati (i personaggi giocabili saranno infatti sei, con l’aggiunta di un settimo a seconda delle scelte di trama).

Il sistema di controllo ed equipaggiamento è molto semplificato rispetto a molti altri jrpg, avendo a che fare solo con armi, cappelli, armature ed accessori e con un numero davvero esiguo di statistiche da controllare e che, tra l’altro, saranno riassumibili in “attacco” e “difesa” che aumenteranno o diminuiranno a seconda del level up e degli equip indossati.

Un gioco bello, godibile, avvincente, con colonne sonore immortali e con una trama fiabesca (con tanti riferimenti biblici in puro stile Square) che farà riaffiorare splendidi ricordi ai giocatori vecchio stampo o riuscirà a coinvolgere le nuove generazioni di videogiocatori.

Cari nerd, abbiamo mosso per un po’ le lancette di questo orologio quanto basta per rivivere quelle gioie d’infanzia che – ahimé – non torneranno più, ma che ci porteremo sempre dentro insieme a quei canonici insegnamenti che solo queste fiabe interattive sanno regalarci.

Ad oggi, Chrono Trigger è presente non solo su cartuccia SNES, ma anche in una versione per Playstation 1, per Nintendo DS e in digitale per smartphone iOS ed Android; insomma, non avete scuse. Recuperate questa pietra miliare del gaming testate voi stessi la sua nomea di “uno dei migliori rpg di tutti i tempi”.

Samsung Galaxy A7: La nostra video recensione

By Tecnologia

Sono rimasto davvero impressionato da questo ennesimo smartphone di casa Samsung. Forse, nonostante il brand sud koreano abbia intasato gli scaffali di nuovi smartphone, questo Galaxy A7 può rappresentare un vero passo in avanti nel segmento medio alto del mercato. Prezzo non troppo pretenzioso ( circa 400 euro online ) per un device che offre un comparto hardware di tutto rispetto. Senza scendere troppo nei dettagli, bisogna sottolineare la perfetta costruzione in alluminio che si sposa bene al rinnovato design che contraddistingue la gamma A. Questo device somiglia moltissimo al famoso e non troppo obsoleto Galaxy Note 4. Infatti ad una prima vista e ad un occhio poco esperto Il Galaxy A7 potrebbe tranquillamente passare per il Note 4 se non fosse per la mancanza del pennino ( S pen ). Molti clienti infatti hanno da sempre evidenziato quanto a loro parere fosse stato inutile il pennino e per questa ragione si può comprendere la scelta da parte di Samsung di produrre questo device e il nuovissimo Galaxy S6 edge Plus.

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Partiamo con la recensione nel dettaglio :

FORM FACTOR : VOTO 9 

Come largamente anticipato prima, questo device può contare su una costruzione notevole sia per quanto riguarda i materiali e sia per il design elegante e lineare. Samsung quest’anno ha davvero azzeccato tutto in termini di design per i propri smartphone, e questo Galaxy A7 nè è l’ennesima prova. Sorprendente il feed dei tasti del bilanciere del volume e del tasto power/off, sempre molto reattivi e mai ballerini. Elegante in ogni sua angolazione regala all’utente la tanta agognata sensazione Premium soprattutto grazie all’alluminio che lo ricopre.

 

DISPLAY : VOTO 8.5

Samsung negli anni è divenuta maestra nel dotare i propri device di ottimi pannelli schermo. Il Galaxy A7 ospita un fantastico SuperAmoled con risoluzione FHd 1920 x 1080 ( 401 ppi ) rivestito da un ottimo Gorilla Glass 4.Senza troppo dilungarci sulla qualità dello schermo ( ai più evidente e palese ), bisogna evidenziare quanto la casa Sud koreana invece sia stata scaltra a montare un unità con risoluzione non proprio al top della tecnologia proprio per guadagnare in termini di autonomia. Sappiamo bene che la risoluzione FHd su schermi con questa diagonale sia più che sufficiente.

 

BATTERIA : VOTO 7.5

Nonostante la batteria sia una ”misera” unità da 2600 Mah, questo smartphone alza bandiera bianca alle 19.00 circa ( con uso intenso ). Questo proprio grazie all’ottima scelta dello schermo FHd e al duro lavoro diottimizzazione software.

HARDWARE : VOTO 8.5

Processore proprietario Samsung Exynos 5 Octa 5430, scheda video Mali T 628 MP6, 2 GB di ram e 16 GB rom per una scheda tecnica che fa impallidire anche smartphone top di gamma di altri brand. Il tutto ben ottimizzato e senza problemi di sorta. Nessun problema di lag o rallentamento anche dopo dure e lunghe sessioni di gaming. Giochi anche tra i più pesanti girano a meraviglia e le temperature medie riscontrate sono sempre accettabili. La batteria non è rimovibile ma nonostante ciò non si perde l’espansione di memoria mediante MicroSd ( 64 GB max ).

ECCO LA NOSTRA VIDEO RECENSIONE

 

BROWSER : VOTO 8 

Come facilmente intuibile l’esperienza browser è di altissimo livello, merito dell’ottimo processore di cui è dotato questo fantastico terminale. Anche se a volte ci sono dei piccoli rallentamenti, nulla di grave o increscioso che potrebbe inficiare la valutazione in questa prova. Affidabile e piacevole l’esperienza internet, sicuramente agevolata anche dall’ampia diagonale offerta dallo schermo.

FOTOCAMERA : VOTO 7.5

Sicuramente non all’altezza degli ultimissimi Top di gamma, anche perchè questo Galaxy A7 non potrebbe essere definito medio-gamma. Detto questo però non significa che le prestazioni non siano buone o quantomeno scarse e inaccettabili. Anzi, durante le prove la fotocamera mi ha piacevolmete sorpreso proprio perchè pensavo fosse una 13 megapixel sottodimensionata o comunque non alla pari dei precedenti top di gamma della stessa casa. Di seguito passerrano Immagini in formato originale cosi che possiate apprezzare voi stessi la genuinità degli scatti. Ottima, infine, la fotocamera anteriore da 5 mpx per gli autoscatti. Moltoluminosa ed efficace in ogni circostanza.

 

 

 

AUDIO : VOTO 7.5

Seppure nella parte posteriore la collocazione dello speaker di sistema ( posizione da sempre poco gradita ), è necessario evidenziare che la cassa non soffre di nessun tipo di soffocamento poichè vi è la fotocamera posteriore a fare da spessore. Sicuramente non proprio un ottima scelta di stile la sporgenza della camera posteriore però dà i suoi frutti sia in termini meramente fotografici e sia per la resa dello speaker in termini di potenza. Tutto sommato l’audio è di buona qualità, ho particolarmente apprezzato la corposità dei bassi senza che gli alti venissero distorti.

CONCLUSIONI : 

Ottimo compromesso tra prestazioni e prezzo, consgiliato a tutti coloro che non vogliono per forza sborsare una cifra folle per uno smartphone e vogliono accappararsi comunque un device non troppo obsoleto. Anzi in questo caso abbiamo prestazioni da top di gamma e aggiornamenti comunque assicurati per almeno un paio di anni ( salvo sorprese ). Galaxy A7 si aggiudica il nostro marchio Best Buy.

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RETRO RECENSIONE – Xenogears: una perla dimenticata

By Tecnologia

Articolo a cura di Mirko Manzella.

Ci ritroviamo nei tempi correnti a parlare di videogiochi in maniera sempre più critica.

Trama, longevità, frame per secondo, motore grafico, engine di sviluppo, avversione – sacrosanta – verso i DLC; insomma più che giocatori stiamo diventando piccoli recensori esigenti e spesso molto ma molto scontenti.

Il che non è mai un male, a dirla tutta. Il mercato videoludico è cambiato in modo drastico e ci stiamo adattando a questo cambiamento, aumentando gli standard di richiesta.

Però – e c’è sempre un però, quando si parla di videogiochi e soggettivismo – quando si è giocatori vecchi e stagionati come il sottoscritto non si è mai contenti; si resta spesso ancorati a quella vecchissima concezione di videogioco audace, innovativo per i suoi tempi e poco importa che grafica si ritrovi, l’importante è che riesca a farti immergere ed emozionare, vivendo il tutto in prima persona.

Si è capito bene, cari nerd, che non sono un fanatico degli engine e delle texture ad altissima risoluzione che rendono il titolo “realistico” – anzi, ne sono totalmente avverso ma so certamente che il comparto grafico, ovviamente, non va affatto trascurato al giorno d’oggi – piuttosto sono un cultore di sceneggiature e trame intrecciate.

Una grande storia fa un grande gioco – mantra semplice ma mai banale, fidatevi.

Ma, ahimé, non vedo spunti di discussione, quantomeno costruttiva, oramai da anni e sono molto serio. Più che innovarsi, le softwear house puntano su seguiti di brand già affermati, proponendoci sempre la stessa minestra riscaldata – assassini che uccidono templari, gli USA che salvano il mondo dalla quinta Guerra Mondiale, Lara Croft che saccheggia l’ennesimo bene archeologico di proprietà statale e bla bla bla – senza creare qualcosa di nuovo, mai visto (ah già, da non contare gli innumerevoli remastered HD che caricano il peso da novanta).

Per ovviare a questa mia grande astinenza ed alleviare le mie sofferenze da vecchio giocatore di jrpg – categoria morta e sepolta, purtroppo – ho deciso di tuffarmi nel meraviglioso mondo del retro gaming PSOne.

Sembra un controsenso, ma per trovare qualche nuovo svago bisognerebbe anche fare un passo indietro piuttosto che avanti e tornare in quel periodo della nostra infanzia in cui si sfornavano giochi a mai finire e tutti, tutti diversi, variegati ed originali.

Secondo voi, un bambino di dieci anni avrebbe mai potuto giocare tutti i titoli usciti in quell’epoca e, specialmente, senza l’informazione costante e dettagliata che abbiamo oggigiorno sul settore?

Ovvio che no. Le perle, quelle vere, dell’epoca d’oro della console grigio topo ce le siamo perse per molte ragioni, che sia per la localizzazione italiana bassissima e che ci ha privato di poter giocare molti titoli – jrpg nello specifico – oppure perché, molto semplicemente, non ne eravamo a conoscenza; togliendo la canonica rivista dell’edicola, non potevamo sapere altro.

Mi feci un giretto tra i titoli da me “inesplorati” e ne notai uno dal nome molto familiare: Xenogears.

Ne parlavano molto ed anche molto bene, definendolo addirittura il migliore jrpg della storia e, da buon amante della serie di Final Fantasy, non vedevo l’ora di vedere quanto fosse opinabile questa simpatica nomea che avvolgeva il titolo.

Recuperai una copia originale rigorosamente in Inglese – torniamo a maledire le localizzazioni – e, grazie al lavoro fatto da un paio di volenterosi ragazzotti della rete, sono riuscito a trovare una patch di traduzione italiana – sia chiaro, un titolo del genere va al di là di un semplice e consueto inglese colloquiale.

L’ho giocato e, senza troppi indugi o esagerazioni, posso sinceramente dirvi che sono tornato bambino. Giocare un titolo completamente alieno, in linea con un genere ormai defunto quasi completamente non poteva che lasciare un impatto più che positivo sul sottoscritto.

Un gioco BELLO, emozionante, scritto BENE e con un gameplay nostalgico anche se un po’ atipico per la serie.

Xenogears, titolo della ormai vecchia Square, ti catapulta in un mondo parallelo e pseudo futuristico, dove i nostri personaggi avranno a che fare con lotte e giochi di potere fra fazioni nemiche – non sto qui a farvi spoiler – combattendo in sella a dei Gear, enormi mecha antropomorfi tipici delle più classiche serie animate nipponiche.

Si ritorna a quello stile qualitativo che piace e parecchio. La trama – e ripeto, non faccio spoiler; non stiamo qui a parlare di questo – tocca in modo schietto e crudo temi sensibili e molto maturi: ricerca esistenziale, psicosi, religione (sia cattolica che giudaica), schiavitù, dignità umana, diversità, razzismo, genocidio ed addirittura cannibalismo.

Insomma, una serie di argomenti non di facile digestione, ancor più se inseriti in un contesto ed in una trama complessa e con una profondità che non ha precedenti nel genere.

I personaggi sono caratterizzati molto bene, con sfaccettature e tratti distintivi che li inserisco e contestualizzano molto bene dentro il mondo di gioco.

Se dobbiamo invece parlare del comparto un po’ più tecnico, non non possiamo non citare il comparto grafico che, a dirvi la verità, mi piacevolmente preso. Personaggi in 2D che si muovono dentro scenari e dungeon in 3D (praticamente l’opposto dei Final Fantasy dell’epoca) e la presenza di cutscene sia in computer grafica che in stile anime, prodotte dalla IG Production – lo stesso studio di Neon Genesis Evangelion e con il quale trova forti spunti comuni come l’esoterismo religioso ed il concetto di “angeli”.

Il comparto audio è ottimo, anche se un po’ ripetitivo a volte, ma può vantare di avere nella composizione il genio di Yasunori Mitsuda – Chrono Trigger vi dice nulla? – che ha saputo deliziarci con toni epici e sfumature psichedeliche.

Ma non è tutto oro quel che luccica. Seppur presenti dei pregi superlativi, il gioco presenta anche qualche pecca da non sottovalutare.

La prima è sicuramente dovuta al gameplay, basato sull’Active Time Battle di Final Fantasy VII ma con sostanziali modifiche e squilibri. Si sceglie una combinazione di tasti per eseguire le combo e si attacca a più non posso; mostrando già da subito la quasi inutilità dell’uso delle magie che si mostrano solo come un contorno pressoché opzionale.

La profondità dei combattimenti torna ad equilibrarsi con l’uso dei Gear con un combat system a turni statico (e non a combo come il precedente), ma restando sempre abbastanza indietro rispetto allo standard “tattico” degli altri titoli Square.

La seconda pecca è sicuramente la più grave: il CD2.

Gli sviluppatori si sono visti un drastico taglio dei fondi sul progetto, comportando una riduzione del materiale contenuto alla fine del titolo.

Poco gameplay e un numero smisurato di dialoghi – non del tutto banali – caratterizzano l’inizio del secondo CD, per poi ritornare, nelle fasi finali, ad un ritmo quantomeno normale fino alla fine del gioco stesso. Il che, comunque, può certamente infastidire, specialmente per la distribuzione poco omogenea del contenuto totale il quale supera senza problemi le 60 ore di gioco, facendo avvertire ancor di più lo squilibrio fra i due CD.

Insomma, Xenogears è un titolo eccelso, ma con qualche pecca da considerare e, tutto sommato, siamo davanti ad un gioco come pochi e dico sul serio.

Certo, non sarà il miglior jrpg della storia per come professano in molti, ma è sicuramente un titolo che non può mancare a quei giocatori appassionati del genere e dei bei vecchi tempi dell’era Play Station, in cui si osava tanto ed i frutti venivano sicuramente raccolti.