statistiche gratuite
Tag

nerdattack Archivi - Pagina 4 di 4 - Nerd Attack

Tutti gli Oscar 2017 minuto per minuto

By Film, NerdPensiero

Articolo a cura di Federica Candiloro.
NDR: La redazione di Nerd Attack la ringrazia per essere stata al gioco e soprattutto per essersi fatta tutta la nottata.

UNA NOTTE DA CLIMAX: OSCAR 2017

Si è conclusa alle prime luci dell’alba la grande notte degli Oscar.

Non posso dire sia stato uno spettacolo sfavillante.

Ma non perdiamoci in chiacchiere: dopo un noioso e lungo red carpet, (dove nessuno ha brillato più di altri per sfavillante bellezza, neanche la sempre magnifica Charlize Teron) avevano tutti un po’ l’aria di stare lì come se fosse una replica, con abiti che sembravano anch’essi già usati o stra-usati per altri red carpet. La stessa impressione l’ho avuta anche per la scenografia.

Si comincia in musica, e si comincia male. La notte degli Oscar rappresenta una sorta di Mecca del mondo dello spettacolo, per quanto bravo Justin Timberlake, in questo siparietto l’ho trovato fuori luogo, sembrava più una scena da teen movie. Inutile.

Il presentatore Jimmy Kimmel, sconosciuto a molti italiani, invece mi ha piacevolmente sorpreso. È stato semplice, molto diretto, un po’ sarcastico e a tratti scaramantico, mai scontato, anche se Neil Patrick Harris resta al momento il top.

Il fil rouge che ha collegato tutti, dal presentatore all’ultimo premiato, si è basato molto sulle “barriere”, e sui “muri” culturali e non, che non dovrebbero esistere, una vera e propria denuncia nei confronti dell’attuale politica americana.

Una di queste barriere ad Hollywood è rappresentata dalle poche candidature agli oscar per attori afroamericani. Per tutta risposta la vittoria come miglior attore non protagonista va a Mahershala Ali con Moonlight che non era così scontata, tanto meno favorita tra gli scommettitori. È stato commovente ascoltare i suoi ringraziamenti. È inutile dire che grandi attori di colore non hanno purtroppo ancora oggi una uguale considerazione, a esclusione di Di Caprio che ha dovuto avvicinarsi a una peritonite prima di vincere un Oscar. Moonlight vincerà anche il premio per miglior sceneggiatura non originale e non solo.

L’Italia ha il suo primo Oscar, ma non con Fuocoammare che non ce l’ha fatta. La strada è stata lunga, tanti premi, tante gratifiche. Ok, è stato tutto bello, però rode oggettivamente quando a un passo sfuma un sogno così grande. Invece l’italianissimo Bertolazzi vince come migliore make up per Suicide Squad. Ho avuto la fortuna di vedere questo film speciale nel suo genere. Nel discorso di ringraziamento si fa un omaggio a tutti gli immigrati italiani e non. A questo punto mi chiedo, in che percentuale c’è voglia d’insultare in diretta Trump!? Tanta…tantissima.

Per il sound editing vince Arrival con estrema sorpresa, in tantissimi avrebbero scommesso pesanti dollaroni per la vittoria di La La Land.

Sound mixing, stessa storia e altro due di picche per La La Land, Hacksaw Ridge porta a casa il premio.

C’è nell’aria per tutta la serata come l’impressione che questi due di picche siano parecchi.

Continuano a essere abbattuti i muri razziali grazie a Viola Davis che resta una conferma, conosciuta da buona parte del pubblico per la serie Le regole del delitto perfetto vince come miglior attrice non protagonista per Barriere. Per la sua nomination c’erano già state delle polemiche perché si riteneva che la sua performance era da attrice protagonista. Che una attrice di colore tra le protagoniste all’Academy non fosse gradita nonostante tante belle parole?

Ad annunciare il miglior film straniero arrivano due grandi, Charlize Theron e Shirley MacLaine, che ha letteralmente offuscato la presenza della bella sud africana. Nonostante i suoi duemila e passa anni (e cito la stessa Shirley MacLaine), la grande attrice ha una presenza scenica rara da trovare negli attori di oggi.

Come mi aspettavo vince il premio per miglior film straniero Asghar Farhadi (“Il cliente”, Iran). Tifavo per la Germania ma c’è stato un vero e proprio vaffa nei confronti dei “muri” di Trump. Per chi non lo sapesse Trump ha stilato una lista di paesi non amici, tra questi c’è l’Iran a cui letteralmente vieta l’ingresso in America. Per solidarietà nei confronti dei propri compaesani, Asghar Farhadi non è andato in America. Non è andato a ritirare il premio, denunciando, tramite una portavoce, quanto tutto questo sia assurdo e pericoloso se dovesse realmente protrarsi nel tempo. È stata una scena imbarazzante.

L’astronauta Iraniana Anousheh Ansari legge le dichiarazioni del regista Asghar Farhadi, assente alla cerimonia in polemica con Trump.

 

Il premio a La La Land per production design è meritato.
Zootropolis… vabbè dai si sapeva. Visual effect per Il libro della giungla. Anche il montaggio video va a Hacksaw ridge. In tutto questo La La Land che dice!? Nulla, e al momento si tiene stretto il suo unico Oscar.

Sul finire iniziano ad arrivare i premi più attesi, e la fotografia è uno di questi. La La Land è favorita e finalmente prende il suo secondo Oscar della serata. Ritengo sia un premio molto meritato, La La Land con i suoi colori e la sua fotografia fa sembrare tutto così fatato, quasi un cartone animato. Bravo Linus Sandgren.

Per le performance dal vivo il momento della commozione da sempre è quello della commemorazione dei grandi del cinema che non ci sono più. Uno Sting sottotono o semplicemente invecchiato non riesce a dare il meglio di se.

Degno di nota è il momento di John Legend che canta “City of stars” guarda caso vincitrice come miglior canzone. Tutto possono dire a questo film tranne che non ci sia della musica di qualità. La miglior colonna sonora infatti va a Justin Hurwitz (La La Land).

E’ stato piacevole vedere Matt Damon e Ben Affleck di nuovo insieme su quel palco dopo 20 anni, con i capelli visibilmente ingrigiti per premiare la miglior sceneggiatura originale. E al diavolo qualsiasi previsione Manchester by the sea sbaraglia la concorrenza e vince.

Ma in tutto questo La La Land?! Sembra una tortura continua, di sudate fredde stressanti, è un climax continuo finché non si arriva alla vittoria, a soli 32 anni, di Damian Chezell. E’ una gioia vederlo festeggiare, un così giovane e valido talento. Poi pensi all’Italia, al cinema italiano e tanta rabbia sale, perché in Italia un regista a questa età è ancora considerato alla pari di un runner, per capirci allo stesso livello dello schiavo di Boris. Ed è lì che La La Land ti entra nel cuore… Perché invita a sognare e a credere sempre nei propri sogni senza mollare mai.

Come non ha mollato mai Casey Affleck che, nonostante la presenza già ingombrante del fratello, riesce a emergere, a conquistare il pubblico e strappa lo scettro come miglior attore protagonista. E credo che tutte le donne piagnucolose come me abbiano davvero per poco trattenuto le lacrime; è stata travolgente la sua sorpresa mista ad emozione e a quanto fosse grato a chi lo avesse votato, quasi in totale shock come se si trovasse lì per caso. Emma Stone insieme a lui festeggia in qualità di reginetta della serata, la sua performance, in Birdman aveva convinto ma non abbastanza da vincere, mentre il 2017 le ha portato bene e si porta a casa la statuetta tra le braccia di un Di Caprio senza orso addosso.

Il colpo di scena da far strappare i capelli accade sul più bello… Avevo già detto che sarebbe stato un climax per La La Land ma con un pessimo finale. Viene data la busta sbagliata al momento di leggere il vincitore del Best Pictures.

Con ancora in mano la busta con il nome di Emma Stone, per errore viene dichiarata La La Land come miglior pellicola, e invece no! Panico, tecnici sul palco spaesati, confusione sul palco. Quasi a ringraziamento finito si fa chiarezza e il produttore di La La Land urla “Moonlight è il film che vince!” e così era. Emozioni contrastanti, imbarazzo, gioia festante per i veri vincitori.

Quasi divertita ad immaginare i cazziatoni dietro le quinte, il presentatore Jimmy Kimmel ironico rassicura tutti che mai più tornerà su questo palco.

Dopo quanto successo qualche testa cadrà, come sempre the show must go on, e si pensa già agli Oscar 2018.

Martedì Don Alemanno ospite di Nerd Attack

By Radio No Comments

Il suo nome è Alessandro Mereu, ma ormai tutti lo chiamano Don Alemanno! Fumettista di livello nazionale è il creatore del dissacrante Jenus, fumetto di forte satira religiosa, con protagonista una reinterpretazione del Messia.

Un giorno Dio, nel tentativo di riparare ai mali dell’uomo e ricondurlo sulla retta via, invia sulla Terra, per la seconda volta, il suo unico figlio, Jenus.
Ma nel fare ciò, commette un grave errore. Infatti nel volo in picchiata verso il Pianeta Terra, Dio gli dà forma umana troppo presto, facendolo sfracellare al suolo. A causa dello schianto, Jenus perde la memoria. E così che, uscito dall’ospedale con una profonda amnesia su ogni principio e regola di natura religiosa, inizia la sua vita come “colui che ha tutte le risposte, ma non se le ricorda”.
In compagnia dell’Agnello di Dio Angius, fedele amico fin dall’infanzia, ma di cui non si ricorda, che lo guida e lo consiglia cercando di fargli recuperare la memoria, comincia la sua avventura nel mondo terrestre.

he-man

Il suo blog è stato nominato ai Macchianera Award 2013 come “Miglior Rivelazione”, classificandosi secondo. Al Lucca Comics 2014 è stata annunciata l’uscita di Jenus – Il gioco nato dalla collaborazione di Don Alemanno e Immanuel Casto.

Oltre che formidabile fumettista, Don Alemanno è anche il cantante di una band metal sarda, gli Holy Martyr. Sotto gli occhi dei Nerd Attack, in occasione dell’Etna Comics 2016, si è esibito in qualità di special guest durante il live dei Parimpampum, cantando in giapponese la sigla di Hokuto no Ken.

Martedì 8 Novembre Don Alemanno sarà ospite di Nerd Attack, trasmissione di Radio 102, che andrà in onda dalle ore 21.00.

Ce ne saranno delle belle, vi aspettiamo!

don-alemanno-intervista-nerd-attack

Star Wars VII: La forza si è svegliata (no spoiler)

By Film, NerdPensiero

Dopo più di trent’anni, l’attesa è finita. La forza, il campo di energia generato da tutti gli esseri viventi che pervade l’universo e tutto ciò che esso contiene, si è risvegliata. L’Italia insieme alla Francia, ha avuto la fortuna di vedere il settimo capitolo della Saga di Guerre Stellari in anteprima rispetto al resto del mondo. Diretto da J.J. Abrams Star Wars il risveglio della forza è un film bello sotto tutti I punti di vista. La storia inizia esattamente 30 anni dopo gli eventi di episodio VI, Il Ritorno dello Jedi, e vede come protagonisti la nuova generazione degli abitanti della galassia lontano lontano, creata dalla geniale mente di George Lucas.

Il regista, ampiamente criticato in passato per sia il suo stile visivo che narrativo, sembra aver appreso dal passato regalando al pubblico un piccolo gioiello cinematorgrafico. Ma non è solo questo. Il Star Wars Risveglio della forza ha indubbiamente catturato il gusto e lo spirito della trilogia originale, creando una storia credibile e mai lenta, con una narrazione azzeccata e personaggi così ben delineati da ricalcare fedelmente la struttura creata nel primo film della prima trilogia. Innumerevoli sono I riferimenti grafici alla trilogia originale che rendono questa pellicola un pieno successo.

Non di poco conto è anche la presenza sul grande schermo di tutti I personaggi originali, eccezion fatta per Obi Wan Kenobi, e la loro presenza e ruolo sono così ben curati da renderli credibili fin da subito.

Per i Nerd, Star Wars Episodio VII Il risveglio della forza, il voto è di 5 occhiali su 5

occhiali nerd 5 su 5

The Hunger Games: Il Canto della Rivolta, Parte 2 – La recensione

By Film, NerdPensiero

E’ guerra in The Hunger Games: Il canto della Rivolta, parte 2, e nel film si sente il peso di mostrare la battaglia per Capital City in ogni istante dei suoi 137 minuti di esecuzione. La storia riprende immediatamente dopo la conclusione della prima parte e non perde molto tempo a raccontare cosa è successo precedentemente a chiunque si affacciasse solo ora al franchise. Mentre la parte 1 esplorava l’uso della propaganda di guerra e la politica attorno ad una ribellione,questo è a tutti gli effetti un film di guerra. In Il canto della rivolta, parte 2 si sente la necessità di dare forza e credibilità a tali contenuti, e, anche se si tratta di un film solido, è anche il più difettoso della serie.

“Parte 2” inizia esattamente dove l’ ultimo film si interrompeva, con Katniss (Jennifer Lawrence) e il resto delle forze ribelli ad un passo dall’Attacco finale nei confronti di Capital City e del governo di Panem e soprattutto del suo leader: il presidente Snow (Donald Sutherland). Come con in molti franchising moderni, questa pellicola abbonda con un rostro di attori ormai veterani della saga, che in questa circostanza più che da supporto sembrano essere una zavorra per la narrazione, tra cui l’insipido duo di Peeta (Josh Hutcherson) e Gale (Liam Hemsworth) – i due contendenti amorosi di Katniss fin dal primo film.

Come i precedenti due film , Parte 2 è stato diretto da Francis Lawrence che , come la maggior parte registi di franchising, non è stato assunto per le sue qualità di messa in scena, ma per un lavoro: non rovinare una proprietà di grande valore. Il primo film è stato, infatti, diretto da Gary Ross , con la fotografia di Tom Stern, anch’egli rimpiazzato con il cambio di regista. E, ne il Canto della rivolta parte “ vediamo una storia che non prova a trovare un risvolto psicologico o un empatia con il pubblico. Il tutto risulta essere un apoteosi di effetti speciali senza un vero perché. Ma è questo il problema. Parte 2 non sarebbe mai dovuto esistere come titolo a sé. Le due parti de Il canto della rivolta sarebbero dovuti essere un film solo. Il bisogno Hollywoodiano di “fare più soldi”, così come in altri franchising a parte Hunger Games, sta portando a sventrare le storie in favore del dollaro, producendo gradualmente pellicole sempre più insipide, a meno che non vengano viste tutte di fila.

In definitiva Il canto della Rivolta, parte 2 ottiene prestazioni convincenti dal suo impressionante cast, ma si sente anche un senso di oppressione legato alla gravità della sua storia. Il film si concentra su Katniss come un modo per descrivere gli orrori e i danni che genera la guerra. Piccolo appunto va fatto sul un semplice dato, questo è di fatto l’ultimo film di Philip Seymour Hoffman, cosa che molti hanno dimenticato. La scomparsa prematura dell’attore viene avvertita nel corso della storia, che comunque, grazie ad un semplice stratagemma riesce a sopperire a tale mancanza. La storia tutto sommato è abbastanza semplice e offre una conclusione relativamente soddisfacente per The Hunger Games, che tuttavia non ispira la stessa meraviglia dei primi due capitoli.